Noi e Giovanni. Soprattutto Giovanni

 

Alla metà degli anni ottanta mi facevo delle istantanee nelle macchinette chiuse delle stazioni accompagnato da Massimo Camilli, nostro storico collaboratore; erano serate di divertimento e di deformazione. Questo gioco andò oltre e coinvolgemmo Angelo Fratini, fotografo amico, per ritrarre il mio viso deviato. Una volta stampate le immagini, chiamai Flavia Mastrella perché non sapevo come racchiudere l’espressione del mio volto all’interno di uno spazio mai assegnato. Fu così che nel 1987, nacque la prima esposizione dei Visi…Goti, allestita nel paese di cui, per abusi subiti, non faccio neanche il nome. Due anni dopo organizzammo una seduta fotografica ben più massiccia e strutturata. Angelo Fratini aveva il suo studio fotografico e io, Massimo Camilli e Flavia Mastrella frequentavamo questo spazio abitualmente. Durante le sessioni di scatto predisponevamo fili di nylon che avrebbero modificato ancor di più il mio viso mobile e segnato con cicatrici profonde un volto ancora giovane. Interpretavo centinaia di personaggi a me sconosciuti, non c’era la consapevolezza di dar vita a un elicottero oppure a una Paolina Borghese, o a un Carlo Pisacane o a una luna cadente. Solo dopo lo sviluppo e con lo spazio creato da Flavia intorno all’espressione, venivano titolati i caratteri che, in virtù dell’inserimento nel contesto grafico, assumevano fattezze e connotati imprevedibili. Alla fine del 1989 io e Flavia cominciammo a proporre il lavoro alle gallerie d’arte sparse sul territorio nazionale, Milano con i suoi spazi concettuali ci accolse con grande curiosità, eravamo molto giovani e lo smarrimento ben si accordava con le andature ancora ingenue. Non c’era nello sguardo nessun accenno a quella cattiveria che il futuro avrebbe distillato nei nostri stati d’animo. L’escursione a Milano, che in quegli anni era la capitale dell’arte contemporanea, fu basilare per noi che, completamente indifesi, venivamo a contatto con galleristi di primissimo ordine, come Casoli o Ingapino. L’anno successivo incontrammo a Roma Giovanni Semerano, che avevamo già conosciuto nel 1988. Fu un amore ricambiato, Giovanni è stato ed è ancora il nostro maestro, dirigeva la Galleria Il Fotogramma in via di Ripetta 153 e ci insegnò il comportamento, lo stile, la generosità. Ci spiegò come preparare i comunicati stampa e come relazionarci ai giornalisti, ci istruì su come si sta al mondo dell’arte, ci presentò molti artisti con i quali legammo successivamente. Nel giugno del 1990 ci permise di allestire i Visi…Goti nella sua galleria. La mostra doveva durare due o tre settimane e rimase montata per mesi. Arrivava tanta gente, facevamo le performance in galleria, c’erano i mondiali, c’era mia mamma ammalata, c’era la gioia e la preoccupazione, ma si capiva che stava nascendo qualcosa di grande. E poi Giovanni ci offriva sempre la pizza quando la sera lo accompagnavamo a Mazzano Romano. Oppure mangiavamo dai Professionisti a Roma. Le pizze migliori che io ricordi. Sono passati trent’anni e siamo ancora tutti qui, Il Fotogramma non c’è più ma noi resistiamo, ognuno con i suoi anni e con le sue malinconie. L’età è cretina perché ti fa diventare comprensivo. Ma è facile essere buoni quando hai meno tempo. E io non cado nella trappola. Grazie a Giovanni perché ci ha insegnato l’autorevolezza in punta di piedi. Ne sto capendo l’importanza solo adesso.

Antonio Rezza

"Creare non significa deformare o inventare persone e cose. Vuol dire stringere fra persone e cose che esistono, così come esistono, rapporti nuovi."

(Robert Bresson, Note sul Cinematografo, ed. Marsilio)

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